Archivio storico della comunità ebraica di Mantova
- Historical Archive of the Mantua Jewish Community
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History
Quando, tra la metà del ‘300 e quella del ‘400, la presenza ebraica a Mantova era rappresentata solo da alcuni piccoli nuclei famigliari, la loro guida era nelle mani di pochi individui benpensanti che si occupavano della rappresentanza della Comunità verso il mondo esterno e della sua amministrazione all’interno. I documenti ed i libri mastri riguardanti questo piccolo gruppo di prestatori venivano conservati in casa di uno o dell’altro dei banchieri e non richiedevano un archivio od un posto particolare in cui conservarli in ordine. I primi segni di cambiamento di questa situazione si ebbero verso la fine del ‘400 quando, ampliandosi la Comunità, sorse la necessità di una organizzazione più democratica, con la partecipazione alla guida pubblica di più ampie cerchie di persone e con concentrazione del potere esecutivo nelle mani di persone in grado di dedicarsi a tempo pieno a questo compito. Con un simile cambiamento tutta la documentazione riguardante i rapporti sia interni, tra i singoli componenti della Comunità ebraica, sia esterni, tra la neonata “Università degli ebrei” e le autorità cittadine, acquistò evidentemente un valore assai maggiore e la sua corretta archiviazione diventò molto importante. Verso la metà del ‘500 nacque allora l’idea di predisporre una cassa in legno dotata di serratura destinata a contenere tutti i documenti riguardanti la vita comunitaria; una copia della chiave di questo cassone venne affidata a ciascuno dei tre massari in carica che probabilmente svolgevano il loro lavoro in qualche locale presso la Sinagoga Grande. Col passare del tempo l’archivio si ingrandì sensibilmente con ogni tipo di documenti: lettere, semplici ricevute di pagamenti o di prestiti, atti notarili, contratti di varia natura, resoconti processuali, registrazioni contabili, copie di bandi e di editti, scritture private, suppliche, inventari. Ovviamente molti erano i documenti scritti in ebraico e riguardanti rapporti comunitari interni; numerosi erano i documenti a stampa e le comunicazioni in italiano inviate dalle autorità cittadine alla “Università” per conoscenza (avvisi, editti, proclami); meno numerosi, ma ugualmente interessanti, erano i documenti a stampa in ebraico riguardanti le leggi suntuarie, le cosiddette pragmatiche. Finalmente, nel dicembre del 1778, il rabbino Azriel Yitzhaq Levi (o, col suo nome italiano, Bonaiuto Isacco), segretario della Comunità, correttore di bozze per la Tipografia d’Italia e poeta a tempo perso, ricevette dal Maggior Consiglio l’incarico di riordinare tutta la massa di documenti giacenti nell’archivio: “[…] onde ridurre alla più possibile utilità pubblica e privata l’Archivio di questa Comunità”. Dal 1789 in poi il Levi, aiutato da un assistente, si dedicò con notevole capacità ed infinita pazienza al riordino e alla classificazione di tutto il materiale presente nell’archivio della Comunità ebraica di Mantova e scrisse un preciso e ricco “Repertorio Storico Enciclopedico dell’Archivio della Nazione Ebrea di Mantova sino a tutto l’anno 1790”; l’opera venne divisa in tre parti: Etica, Economia e Politica e fu manoscritta in dieci corposi volumi, tutti singoli tranne il quinto che è doppio. Tutti i fogli cartacei vennero suddivisi per argomento e poi, all’atto della loro archiviazione, furono ‘infilzati’ al centro con un lungo ago che portava infilato nella cruna una sottile striscia di pelle terminante con un nodo. Questo sistema, per la verità drastico ed assai poco rispettoso dell’eventuale importanza del documento, spiega la presenza di un foro al centro di tutti i documenti raccolti nell’archivio. Oggi l’Archivio storico della Comunità ebraica di Mantova ha la consistenza di alcune decine di migliaia di singoli documenti, parte manoscritti e parte a stampa; ciò è da considerarsi un evento quasi miracoloso specie se si pensa che questa enorme documentazione di rilevante valore storico è stata completamente e fortunatamente ignorata quando si trovava riposta in alcuni grossi armadi in un ufficio a piano terra della sede della Comunità durante l’occupazione tedesca tra il 1943 ed il 1944.